«Donato Dozzy non ha fretta: si sviluppa lentamente, andando sempre più in profondità […]. Dozzy non è alla ricerca di fama o clamore pubblicitario, continua semplicemente a cercare quegli speciali momenti trascendentali che possono essere creati attraverso la musica elettronica».
Stroboscopic Artefacts su Donato Dozzy
Ipnotico e intrigante, lontano dalle tendenze e voglioso di comprendere ciò che lo ha preceduto verso una visione futura: caratteristiche che distinguono Donato Dozzy (all’anagrafe Donato Scaramuzzi), uno dei nomi italiani più stimati nel mondo dell’elettronica contemporanea; anche conosciuto con lo pseudonimo The Professor, Dozzy ha dimostrato di partire dalla musica per arrivare a toccare il mondo dell’arte in più sensi.
«I DJ possono essere in qualche modo degli sciamani, in situazioni limitate, quando raggiungono uno stato cosciente di complicità con la folla. Il DJ è quindi come un direttore d’orchestra. Sta aprendo la strada. In questo senso, quando il DJ crea una connessione tra le persone, secondo me la musica può essere definita sciamanica […]».
Donato Dozzy, Orb Magazine
Dalle installazioni alle arti visive, all’utilizzo creativo di diversi strumenti nell’espressione di Dozzy si assapora una ricerca poliedrica in continuo divenire che porta in un ambiente caldo ed enigmatico, riflessivo e sorprendente, dove si muovono anche le produzioni del musicista romano, affascinanti composizioni di ambient techno «Lussureggianti e ipnotiche al punto da essere terapeutiche».
Nato in una famiglia di appassionati di musica classica, Dozzy si è avvicinato alla musica fin da bambino dapprima suonando il pianoforte e collezionando dischi per poi, all’età di 15 anni, prendere confidenza con il suo primo mixer Audiojap solo con fader, e due giradischi Technics SL-B200:
«All’inizio mixavo brani dei Simple Minds, degli Wham e molto di Prince. Ero un po’ ossessionato da lui, e la sua musica innovativa realizzata con le drum machine era molto suonabile dal punto di vista del DJ, un ulteriore vantaggio.Nel 1985, il mio lavoro da DJ era caotico, ma nel 1986 mixavo in modo più decente e iniziai a sperimentare. Volevo aggiungere suoni ai miei dischi e ho iniziato a giocare con dischi e cassette. La necessità di lavorare con gli strati è arrivata in modo molto naturale».
Donato Dozzy, Orb Magazine
Nei primi anni ‘90 Dozzy inizia a spostarsi verso la techno e l’acid house mentre era impegnato in un percorso di studi presso l’Università di Roma – ed è proprio con il completamento del suo Dottorato in Scienze Politiche e la sua eccezionale conoscenza della musica che Dozzy si è guadagnato il soprannome “Il Professore”- .
Trasferitosi a Berlino nel 2003 Donato Dozzy è resident presso il Panorama Bar e l’anno successivo escono le sue prime pubblicazioni mentre collabora con diversi produttori quali Brando Lupi e Giorgio Gigli, in uno stile musicale più vicino alla minimal techno. Nel giro di due anni il DJ e produttore fonda la Dozzy Records e sia nel 2007 e che nel 2008 viene invitato al festival Labyrinth in Giappone. Due DJ-Set che hanno segnato l’ascesa di Donato Dozzy, in anni molto produttivi: il DJ romano fonda una seconda etichetta, questa volta insieme all’amico, collega e amante di ritmi tribali Nuel (Manuel Fogliata). Nasce così la micro-label Aquaplano, l’etichetta madre di una serie di 12″ techno, presto battezzati come veri cult.
Nel 2010 Dozzy pubblica il suo primo album da solista: K (Further Records). Acclamato è poi Voices from the Lake – segnato da una performance al Labyrinth – incoronato come uno dei migliori progetti dub techno italiani, figlio della fusione artistica fra Dozzy e Neel (Giuseppe Tillieci) e che si è guadagnato il titolo di miglior album dell’anno (Resident Advisor).
Un periodo in cui i “viaggi” sperimentali di Dozzy diventavano sempre più frequenti e chiari al pubblico: è il periodo di lavori ermetici quali Donato Dozzy Plays Bee Mask (Spectrum Spools, 2014) o The Loud Silence (Further Records, 2015). Sempre con l’etichetta Spectrum Spools nel 2015 esce Sintetizzatrice (l’acclamata collaborazione tra Dozzy e la vocalist Anna Caragnano) e l’anno successivo, Dozzy e Neel tornano a creare insieme: prende così vita l’etichetta Spazio Disponibile. Seguono altri lavori, pubblicazioni e collaborazioni artistiche che portano Dozzy a una posizione sempre più privilegiata nel mondo dell’arte fino ad arrivare al 2018, anno in cui il produttore pubblica un full-length per la nota etichetta Tresor: Filo Loves the Acid.
L’anno successivo Dozzy pubblica un album creato utilizzando solamente un EMS Synth AKS. Si tratta di un sintetizzatore analogico portatile che risale al 1972, con il quale Dozzy ha dato alla luce l’album One Instrument Sessions (2019) che potrebbe essere visto come la metafora musicale di un flusso di coscienza creativo. L’album, infatti, non si concentra su un risultato armonico o sulla diffusione di una melodia appagante; piuttosto, si dà valore alla nascita di più suoni contemporaneamente, che portano a un lento viaggio sonoro (Slow Train Part 1/Part2).
Donato Dozzy torna poi a uno scambio artistico, questa volta nel 2020 con il progetto dal titolo Il Quadro di Troisi. Un percorso a tappe polisemiche creato con la cantautrice Andrea Noce (in arte Eva Geist), che Vouge ha battezzato come techno-poetico, «Realtà musicale devota al patrimonio culturale italiano»: sono presenti elementi che guardano ai grandi nomi del cantautorato italiano, così come referenze al mondo del cinema e ai diversi linguaggi dell’ultimo; ne risulta un Quadro non da interpretare ma da osservare, e con la profonda leggerezza di punti di vista di grandi artisti quali Massimo Troisi.
«[…] Quando si sale sullo stage, si crea uno scambio di energie con le persone. Almeno, questo è il modo in cui la vedo io. Inalo letteralmente l’energia che proviene dalla pista da ballo. La trasformo, la elaboro e la rimando indietro. È un lavoro psicologico. E assorbe molta energia. Quindi non posso farlo sempre. Non sono una persona che si comporta come un robot, suona la musica e ricomincia tutto il giorno dopo. Preferisco farlo meno spesso, ma quando lo faccio do davvero tutto me stesso. Penso che sia più rispettoso e in qualche modo ha più senso per me».
Donato Dozzy, Carhartt Work in Progress Radio Show