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Nervi: “E poi svegliarsi presto”, la musica come riflesso di vita

Un sottile equilibrio tra sogno e realtà, tra il desiderio di sperimentare e la necessità di riflettere. E poi svegliarsi presto è un costante gioco di contraddizioni in cui Nervi, al secolo Elia Rinaldi, si sente libero. Il suo primo album è una finestra aperta su un mondo in evoluzione, dove la musica si fa veicolo di esperienze personali, di momenti sospesi e di riflessioni più ampie. Abbiamo incontrato Nervi per scoprire insieme a lui cosa si nasconde dietro a questo viaggio, e quali emozioni, pensieri e influenze hanno dato vita a un progetto che segna l’inizio di un percorso artistico che promette di essere tutto da scoprire.

Prima di arrivare alla sua carriera solista, Nervi ha vissuto diverse tappe formative, a partire dalla sua esperienza in X Factor. Un percorso che, sebbene breve, gli ha permesso di confrontarsi con un pubblico ampio e di crescere professionalmente. Ma la sua musica non si limita a quel palco: infatti prima di intraprendere la carriera da solista, è stato anche parte per dieci anni della band psichedelica dei Finister, una fase sicuramente importante che ha contribuito a plasmare il suo approccio alla musica e alla composizione.

Cosa hai provato quando è uscito il tuo primo album? Era un traguardo che inseguivi da tempo?

«Era un obiettivo importante per me questo disco, ma quando è uscito ho vissuto un mix di emozioni contrastanti. Il primo giorno, mi sono sentito come se svanisse un sogno. Da un lato, c’era la paura che qualcosa che avevo desiderato tanto diventasse improvvisamente “reale“, un qualcosa che non potevo più tenere solo per me. Ma poi, man mano che il tempo passava, ho visto che la reazione delle persone è stata positiva, e questo mi ha sollevato. Ora, posso dire che va molto meglio, sono contento che il disco stia trovando il suo posto nel mondo. Il fatto che ci sia chi ascolta e apprezza ciò che ho cercato di esprimere è una grande soddisfazione.»

L’uscita di un album, specialmente il primo, rappresenta una sorta di trasformazione, una liberazione e una rinascita allo stesso tempo. Nervi, consapevole della grandezza di questo momento, si è trovato a fronteggiare le proprie insicurezze, ma oggi guarda al futuro con gratitudine.


Quanto c’è di te nel disco? Parla solo della tua vita recente o c’è spazio anche per il passato, per le tue origini?

«Uso la prima persona per parlare degli altri, è il mio modo di osservare il mondo, di riflettere su ciò che mi circonda. Mi piace pensare che la musica sia una forma di testimonianza, non solo del proprio vissuto ma anche di ciò che vediamo negli altri. Quindi, sì, in questo album c’è moltissimo di me, ma non solo dal punto di vista strettamente personale. Parla anche di quello che ho vissuto e di come ho visto evolversi il mondo intorno a me, soprattutto nei miei primi 28 anni. Sono cresciuto in un ambiente dove ho potuto osservare, senza mai perdere la curiosità di capire cosa accadeva. E questa curiosità è la linfa del mio album.»

Con queste parole, Nervi dipinge un quadro chiaro del suo approccio alla musica: la riflessione e l’osservazione sono alla base della sua arte. Non si limita a raccontare se stesso, ma usa la sua esperienza come filtro per comprendere e raccontare il mondo.


Il titolo “E poi svegliarsi presto” suggerisce una riflessione sul tempo, sulla consapevolezza di sé. Cosa intendi con questa espressione?

«Il titolo nasce da un concetto semplice ma potente: svegliarsi presto. Non c’è una metafora particolarmente complessa dietro. Quello che mi interessava era catturare quel periodo della vita in cui hai voglia di tutto: vuoi fare tardi, esagerare, ma allo stesso tempo hai il desiderio di svegliarti presto, di essere produttivo, di dare un senso alla tua energia. È un paradosso, un conflitto tra il piacere del momento e il bisogno di affrontare il giorno dopo con consapevolezza. Il disco parla di quella fase di crescita, un momento di transizione in cui ci si trova a fare i conti con se stessi, con le proprie aspirazioni e i propri limiti.»

In questo senso, il “risveglio” di Nervi non è solo fisico, ma anche mentale. È il risveglio di una consapevolezza che cresce piano piano, mentre l’artista esplora le sfide della vita adulta, i sogni e le frustrazioni, le speranze e le delusioni.


Il vinile sembra essere una scelta precisa. Perché questa preferenza rispetto al CD o alla musica digitale?

«I CD personalmente mi sembrano un po’ privi di fascino, un oggetto che non mi emoziona particolarmente. Se tengo al progetto, un vinile mi sembra un prodotto molto più significativo, un’opera da “ascoltare” con attenzione, quasi un’esperienza sensoriale. La scelta di questo formato è nata anche grazie all’idea della mia etichetta, Pioggia Rossa, che l’ha proposta. Ho subito trovato che fosse una buona proposta. Il vinile non è solo un supporto, è un vero e proprio oggetto che dà valore al progetto. Non è solo un modo per ascoltare la musica, è un modo per viverla.»

Nervi riconosce nell’oggetto fisico del vinile non solo una forma di resistenza alla digitalizzazione, ma anche una riscoperta di un’esperienza più autentica e completa dell’ascolto. La musica, in questo caso, diventa un’esperienza tangibile.


C’è qualcuno che ti ha influenzato nel corso della tua carriera musicale? E pensi che la tua musica possa ispirare qualcuno?

«Mi ispirano gli artisti di frontiera, quelli che non si limitano a un solo genere musicale, che non hanno paura di sperimentare. Lou Reed, David Bowie, Lucio Battisti: questi sono artisti che hanno sempre cercato di fare qualcosa di diverso, di andare oltre i confini di ciò che ci si aspetta. Per quanto riguarda se ispiro qualcuno, non ne ho la certezza. Mi sembra strano pensarlo, ma sarebbe comunque un piacere sapere che qualcuno riesce a trovare qualcosa di utile o interessante nella mia musica.»

Le sue ispirazioni non si fermano ai nomi leggendari, ma si concentrano su un’idea più ampia: quella di spingersi oltre le etichette e le convenzioni. Nervi si trova nel solco di quegli artisti che hanno saputo mescolare generi, stili e culture musicali, creando qualcosa di unico e imprevedibile.


Quali tre album ritieni possano rappresentare la tua musica?

*«Ti dico tre dischi che mi vengono in mente senza troppo rifletterci:

  1. Il mio canto libero di Lucio Battisti,
  2. Transformer di Lou Reed,
  3. Hunky Dory di David Bowie.»*

Quale sarebbe un messaggio adatto a il Nervi del passato, quello che ha affrontato difficoltà ma ha continuato a credere nel sogno della musica?

«Non avere fretta e metti sempre il cuore oltre l’ostacolo. Le cose migliori mi sono accadute così!»

Un consiglio che, in fondo, è anche un incoraggiamento per tutti coloro che stanno vivendo il proprio percorso artistico o personale: la pazienza, la passione e la perseveranza sono sempre la chiave per raggiungere ciò che si desidera.


E poi svegliarsi presto più che un album è un racconto di vita, una riflessione sul tempo, sulle scelte e sulle contraddizioni della vita. Con Nervi, l’ascoltatore non è solo un testimone di un’opera musicale, ma entra è protagonista assoluto della propria vita.

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