Colson Baker, l’ennesima figura controversa dagli USA, ci porta dalle origini del Texas la sua trasformazione in Machine Gun Kelly o MGK, stanziando a Cleveland. Dall’amore per il Rap, tra i continui traslochi di un’infanzia segnata da instabilità identitaria, all’icona Pop Punk di oggi, in una metamorfosi che accompagna la sua fanbase ancora nelle top charts delle piattaforme. Una persona, prima di essere un cantante e un musicista, ispirata dal bandito del proibizionismo americano: George “Machine Gun” Kelly Barnes. Non si tratta di un’adesione alla violenza che ha portato Kelly, quello degli anni 30′, al trasferimento ad Alcatraz e alla morte, ma all’appropriazione di un simbolo, quello di potenza e velocità; caratteristiche che si riflettono nel flow rapido e tagliente degli esordi, come quello delle rapine a mano armata.

MGK vede il suo debutto nel mondo della musica come rapper puro nel 2012, in album come Lace Up , dove Wild Boy è più simile ad un Gangsta Rap mixato al suono vocale e all’intenzione dei Limpbizkit piuttosto che all’Hip Hop o al groove del boom bap anche Funky vecchia scuola di D’Angelo, Masta Ace, Public Enemy o 2Pac. Quello è stato il capitolo del progetto che mostrava l’energia cruda e la rabbia giovanile, due componenti fondamentali per comprendere il percorso discografico nel totale. Ma Colson non si è mai accontentato di restare in una sola dimensione, critiche incluse. Nel 2020 infatti avviene la trasformazione con Tickets to My Downfall, ed è essenziale comprendere questo passaggio per chi ha intenzione di buttarsi nell’arena a Febbraio 2026 quando con il suo nuovo Tour farà capolino in Europa.
Un viaggio audace quello verso il Pop Punk e il Pop Rock, ma lavorando a stretto contatto con Travis Barker dei Blink-182 è stato impossibile non plasmare il nuovo sound. Non si può infatti parlare di Machine Gun Kelly senza menzionare le collaborazioni che hanno segnato la sua carriera, come in Bad Things con Camila Cabello, aprendo le porte volutamente ad un pubblico completamente diverso da quello degli inizi, più ampio. Con influenze che spaziano da Eminem e DMX a pietre miliari come Guns N’ Roses per finire nelle hit del calderone mainstream.

Come nella vita instagrammabile online di tutti i giorni, anche nel business dello spettacolo parte della forza comunicativa passa dall’estetica. Machine Gun Kelly non è un’eccezione. Il blackout tattoo, gli spikes in testa a momenti alterni, le scenografie a Milwaukee durante il Summerfest del 2022, i vestiti, i video musicali: tutto è una scelta e una dichiarazione. MGK è un artista che sicuramente non ha paura del cambiamento tanto nella strategia creativa quanto nello stile di vita quotidiano e nella condivisione con il pubblico del dark side autobiografico. All’interno del documentario Life in Pink che di rosa ha ben poco, ha rivelato infatti il tentativo di suicidio in chiamata con la ex partner, un contenuto narrativo visionabile su Disney+ ma che della Disney ha solo il backstage, a svelarci quanto sia pericolosa la pressione della fama.

Dalla machine gun del nome, al proiettile inceppato nel fucile che non lo ha visto scomparire in hotel tentando di togliersi la vita, è un soffio; ma quando accade un lutto, una separazione, la sovraesposizione mass mediatica non sconta la pena a nessuno e nessuna. Machine Gun Kelly è ancora tra noi, tra haters e adepti, ma a quale prezzo? Dopo Rehab e confessioni il 15 novembre 2025 partirà il Lost Americana Tour con collaborazione improbabile di Bob Dylan nel lancio del trailer. Questo viaggio toccherà Nord America, Europa e Oceania. Tra le date, quella Italiana sarà all’Unipol Arena di Bologna con ticket disponibili su ticketone, ticketmaster e vivaticket. Ma il nome del suo ultimo album Lost Americana, lascia anche un quesito a cui fare ritorno: può l’America essere più di un sogno perso?
I paint landscapes, and I paint nudes
I contain multitudes(Bob Dylan – I contain multitudes)
Articolo – Machine Gun Kelly: Lost America(na)
MACHINE GUN KELLY: Instagram / Website