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Sab 27 Luglio, 2024 - 7:07

10 giugno 1966: la consacrazione di Janis Joplin

Janis Joplin canta con i Big Brother and the Holding Company all’Avalon Ballroom (San Francisco, giugno 1966)

Janis Joplin prima del 10 giugno 1966

Oggi voglio raccontare la storia di una delle voci intramontabili della musica mondiale: Janis Joplin. Sarò di parte – è la mia cantautrice preferita sin dall’adolescenza –, ma lo spessore emotivo del suo canto non ha eguali nella scena passata e presente. Non per nulla, Rolling Stones l’ha riconfermata nella classifica “The 200 Greatest Singers of All Time” del 2023 al 78 posto. Eppure, sono sicuro che nella lista di “voci straziate” potrebbe tranquillamente conquistare il podio. Probabilmente insieme ad alcuni colleghi e colleghe del famigerato Club 27.

Janis Joplin nasce il 19 gennaio 1943 a Port Arthur, una cittadina industriale del Texas poco avvezza all’integrazione delle diversità. La sua infanzia è il preambolo di una vita passata a rincorrere l’accettazione sociale. Vittima di bullismo per il suo aspetto fisico non canonico e per una personalità anticonformista e reazionaria, trova conforto nella musica blues e folk. Due generi che risuonano dallo stomaco: viscerali e per nulla patinati. Oltre alla musica, tenta di esorcizzare il dolore relativo al suo essere un’outsider tramite la ricerca spasmodica di un’alterazione mentale. Come spesso accade infatti, i disagi sociali vengono affogati in un mare di alcool e droghe.

Dal coro della chiesa, fino alle esibizioni in piccoli locali durante il liceo, Janis tenta di ripercorrere i passi delle potenti voci a cui si ispira: Bessie Smith e Lead Belly rappresentano per lei la libertà di espressione emotiva a lei preclusa. La sua versione di Nobody Knows When You’re Down and Out segnerà il primo approccio con il mondo della musica professionale. Nonostante le sue dipendenze, e dopo aver lasciato l’università del Texas per trasferirsi a San Francisco nel 1963, il fermento culturale della città la porta a costruire importanti relazioni artistiche. L’amicizia con Jorma Kaukonen, futuro chitarrista dei Jefferson Airplane, è quella che le permetterà di muovere i primi passi nella scena blues. Nel 1964 registrano insieme una raccolta di cover chiamata The Typewriter Tape, in cui si sente in sottofondo la moglie di Jorma intenta a battere a macchina.

Lo squilibrio emotivo di Janis, in continuo conflitto con una società che tenta di omologarla, causa gravi ripercussioni per la salute. L’utilizzo massivo di sostanze pesanti la porta a pesare 40kg e le persone intorno a lei la obbligano a tornare a casa dei suoi genitori, per potersi disintossicare. I supporti familiari e professionali non bastano e il susseguirsi di relazioni amorose tossiche – altra prerogativa della sua intera esistenza – le impedisce di credersi capace di perseguire il suo sogno da lucida.

Il richiamo alla musica, però, è più forte e con la sua chitarra acustica inizia il suo percorso da cantautrice: la sua prima canzone si chiama Turtle Blues e verrà inserita nel secondo album della fase artistica che la consacrerà. Iniziata il 10 giugno 1966.

«Whoa, chiamami cattiva o chiamami diavolo / Sono stata chiamata in modi molto peggiori» 

Janis Joplin dopo il 10 giugno 1966

È proprio il 10 giugno del 1966 il giorno dell’esordio ufficiale di Janis Joplin. Il promoter Chet Helms, che l’aveva incontrata durante un autostop Texas-San Francisco, la mette in contatto con i Big Brother & The Holding Company. Il sound rockeggiante della band permette alla vocalità soul di Janis di esplorare nuove sonorità. Il connubio artistico funziona da subito – al contrario di quello personale – e si presentano all’Avalon Ballroom di San Francisco per il loro primo live.

Fu quello l’inizio di una carriera fulminea e straordinaria. La sua voce graffiante e la capacità di veicolare in maniera prorompente le emozioni più profonde, conquistano il pubblico del blues rock e il concerto al Monterey Pop Festival del 1967 cementa la sua reputazione come una delle migliori artiste della sua generazione. I due album registrati insieme sono un successo, soprattutto il secondo Cheap Thrills pubblicato l’anno dopo, che ha regalato al patrimonio musicale la canzone simbolo di Janis: Piece of My Heart. Anche se Ball and Chain – seppur meno conosciuta – rimane il primo successo popolare.

La critica non apprezza i musicisti e reclama a gran voce un percorso solista per Janis, interessata alla fama nel tentativo di soddisfare il senso di rifiuto che non l’abbandonerà mai. Così, nel 1969, con dei supporter più affini a lei – la Kozmic Blues Band – lavora al primo disco firmato con il suo nome: I Got Dem Ol’ Kozmic Blues Again Mama! di Janis Joplin. Maybe, Try (Just a Little Bit Harder) e Kozmic Blues sono la dimostrazione di quanto il talento vada oltre le difficoltà. 

I riscontri entusiasti e la posizione di rilievo assunta nel panorama musicale mondiale, tanto da prender parte all’iconico concerto legato alla controcultura hippy di Woodstock, non le bastano. Le dinamiche relazionali tossiche continuano a essere una costante nella sua vita privata. Inevitabilmente legata alla dipendenza e all’abuso di sostanze stupefacenti, che la porteranno alla tragica morte per overdose di eroina l’anno dopo. 

Pearl è il suo ultimo lavoro, rilasciato postumo nel 1971: un susseguirsi di intense tracce, che raccontano di una persona sofferente innamorata della musica. Cry Baby, Mercedes Benz, My Baby, Trust Me e Me & Bobby McGee sono canzoni da ascoltare con il cuore aperto e tanta malinconia. Ma, senza dubbi, il pezzo più straziante – che consiglio sempre di sentire – è A Woman Left Lonely.

Questo viaggio è finito e io, come capita ogni volta con Janis, mi sento onorato di poter ancora godere di un lascito così prezioso. Che denuncia un sistema sociale inefficace che favorisce una produttività stritolante, a discapito della sensibilità umana.

La musica è in grado di accompagnare anche le anime più tormentate e voglio concludere con un gesto emblematico, che compì Janis Joplin prima di morire: quando utilizzò la sua fortuna per acquistare una lapide per il suo idolo, Bessie Smith, ingiustamente sepolta in una tomba anonima a causa del colore della sua pelle.

Sfruttare il proprio privilegio, a supporto di chi viene discriminato. Grazie dell’esempio, Janis!

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